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Mario Coppola conversa con Patrik Schumacher
published in: BLOOM 15, Facoltà di Architettura dell'Universita' di Napoli, Gennaio 2013

M. Coppola - Le Corbusier enunciò i famosi cinque punti del Modernismo: quasi nessuno degli architetti che si limitarono a seguire pedissequamente quei dogmi colse lo spirito dell’architettura di LC. Come ha scritto G. Carlo Argan, si trattava invece di restaurare, purificare e rappresentare i valori tradizionali della società occidentale espressi a partire dalla figura del Partenone, con l’armonia delle sue proporzioni, la struttura trilitica e l’ortogonalità come tratti principali della composizione. Nel manifesto del “Paramatricismo”,  anche tu hai enunciato una serie di tabù e dogmi linguistici a proposito del nuovo stile che proponi. Pensi che la semplice osservanza di quelle regole grammaticali e sintattiche permetterebbero ad un architetto di talento di progettare una buona architettura d’avanguardia?

P. Schumacher - Dunque, prima di tutto io non chiamo i principi che ho formulato principi “linguistici”. Sono principi euristici che guidano il processo della progettazione. Essi danno una definizione operativa del Parametricismo. La mia formulazione di questi principi si basa sull’osservazione: ho guardato ciò che noi ed altri architetti abbiamo fatto negli ultimi dieci, quindici anni, ciò che gli studenti globalmente stanno facendo, ed ho analizzato il genere di valori e di tratti che questi lavori condividono. Ed “Euristica” significa un certo tipo di regole che vengono rispettate nell’elaborazione di un progetto: che cosa evitare per non ricadere nei vecchi sistemi, per ottenere una netta linea di demarcazione rispetto ai vecchi stili, e come iniziare il progetto e portarlo avanti attraverso specifici stadi di progettazione. Così, per fornire una chiara ipotesi di ricerca, occorre negare con chiarezza certe modalità di lavoro, ad esempio occorre evitare rigide figure platoniche come il cubo, il cilindro…

MC - Il rischio, qui, è che si dica:  “fai questo, non fare quell’altro”. Ma siamo sicuri che lo spirito del nuovo che proponi sia proprio in questi dogmi e tabù?

PS - Certo, l’uso di termini come “dogma” e “tabù” implica una sorta di provocazione, proprio ad enfatizzare la  pervicacia di queste regole nella nostra comunità progettuale. Uso questi termini anche per riconoscere che non si devono ri-pensare, ri-formulare criticamente valori e principi ad ogni nuovo progetto. C’è un momento di pensiero critico, di valutazione critica delle differenti opzioni e dei differenti modi di andare avanti e poi, una volta stabiliti alcuni principi, si lavora affidandosi ad essi, senza rimetterli più in discussione. Essi diventano dogmi de facto. Per la maggioranza degli architetti non c’è neanche una decisione consapevole di affidarsi a questi principi, si tratta di un filtro e di una selezione collettiva di certi modi di lavorare in sede di sperimentazione.
C’è stata l’influenza della lettura di Deleuze, Guattari, Derrida e l’interesse per i sistemi naturali e la teoria della complessità. Questo impegno intellettuale è stato fonte di ispirazione per la formazione del Parametricismo.
Da ciò emerge un modo di lavorare in cui, quando ti fermi a descriverlo, puoi riconoscerne i tabù, che cosa non è più ammissibile, e i dogmi, cioè che cosa si tenta e ci si aspetta sempre. Ecco perché uso i termini dogma e tabù. Si può garantire un buon lavoro in questo modo? No, ma questi principi euristici diventano una condizione necessaria (piuttosto che sufficiente) per un lavoro pertinente alla società contemporanea complessa e dinamica del network. Essi diventano anche una condizione necessaria, non una garanzia, per partecipare ad un eccitante movimento collettivo. In architettura non c’è un altro movimento originale in questo momento. Voglio dire che, se si esita, se si vuole rimanerne al di fuori, se non ci si concede di seguire un movimento per esigenze di individualità, si è condannati a rimanere ai margini. Molti, istintivamente, si rifiutano di essere “categorizzati” e vogliono rimanere liberi dalle categorizzazioni. Credo che questo sia comprensibile da un punto di vista psicologico, poiché essi vogliono sentirsi aperti e flessibili, ma, se sono davvero onesti, riconosceranno che già, di fatto, stanno seguendo un movimento collettivo. Sto solo descrivendo ciò che accade: riconosciamo ciò che accade e rendiamolo esplicito. Non c’è nessun'altra strada al momento che porti innovazioni reali, originalità. C’è un solo movimento nuovo. Ciò che io restituisco è una descrizione retrospettiva e una ratifica post-factum. Sto spiegando perché i nostri investimenti intuitivi sono stati validi, razionali e superiori a tutti gli stili precedenti. Lo stiamo discutendo e a teorizzando, ma quindici anni fa non sapevamo che, quindici anni più tardi, avremmo continuato a fare la stessa cosa, solo in un modo più profondo, più intenso, inerente a programmi su vasta scala. Adesso dovremmo renderci conto che questo è diventato una sorta di nuovo paradigma che raccoglie uno slancio sempre maggiore ed è realmente potente, produttivo. Può risolvere problemi complessi con soluzioni di gran lunga più interessanti, più versatili, più adatte al contesto, che generano un maggior numero di affiliazioni, correlazioni, connessioni, interazioni. Questo stile è maturo per essere uno stato della miglior pratica dell’arte nella nostra disciplina, adatto alle sfide e alle opportunità del ventunesimo secolo, alle domande della società post-fordista del network.
Dunque, questi sono i vantaggi. Quanto agli svantaggi, per esempio il fatto che comporti difficoltà nella costruzione, essi stanno scomparendo perché architetti, ingegneri e fornitori hanno investito in nuove tecnologie capaci di affrontare i livelli richiesti di differenziazione e complessità. Sia nella progettazione che nella costruzione la differenza dei costi tra ripetizione e variazione sta diminuendo. Possiamo disegnare un insieme continuamente differenziato tanto velocemente e facilmente quanto un insieme ripetitivo di elementi.
Riassumendo: questi principi euristici sono formulati retrospettivamente. E’ un’affermazione empirica: essi sono i dogmi e i tabù della generazione contemporanea dell’architettura. C’è una sola partita nuova, originale e promettente in circolazione. Possiamo dire anche che è così per un motivo, perché questo lavoro ha una capacità superiore di ordinare e articolare la crescente complessità dei processi di vita societaria. Il parametricismo è più versatile e adattabile di tutti gli stili precedenti. Ciò significa che l’affermazione descrittiva si trasforma in una affermazione normativa. Facciamo questo e dovremmo fare questo. A un certo punto direi persino che il fatto che i principi del parametricismo  siano stati accettati quasi acriticamente da molti, in questo stadio maturo, è una buona cosa. E’ una buona cosa non dover ri-criticare principi validi tutti i lunedì mattina, ad ogni nuovo progetto, chiedendosi che cosa dover fare. Molti non fanno altro che seguire l’onda. Ma quest’onda ha un forte momento per un buon motivo: questi principi e i risultati che essi rendono possibili, hanno una razionalità superiore, che si adatta benissimo alla società contemporanea. Poi, per chi ha una mente critica, ci sono molte teorie e scritti da consultare. Se si vuole analizzare la qualità dei risultati, capirne i pro e i contro, ci sono i miei scritti  e quelli degli altri, ad esempio di Greg Lynn, Jeff  Kipnis, Jesse Reiser, ecc.       

MC - Alcuni, al di fuori del tuo stile o paradigma, dicono che c’è un sacro, una sacralità dell’architettura. E’ nella struttura trilitica del Partenone di Atene, l'origine reale dell’architettura. Questo sacro è l’espressione della società occidentale, della sua cultura e della sua identità, e se si fa qualcosa di completamente diverso, quella semplicemente non è architettura.

PS - Questo è un atteggiamento che definirei feticistico: si fa un feticcio della storia e in questo modo non c’è possibilità di parlare delle necessità vitali della vita contemporanea, che rende le nostre vite più produttive, più libere. L’architettura non è una rappresentazione metafisica, è uno strato dinamico di una società multi-strato. Questi strati sono co-evolutivi.
 
MC - Secondo alcuni essa, invece, deve essere principalmente una rappresentazione di quel sacro, dell’architettura occidentale storica e originale, così come era ancora nell’architettura europea moderna. Invece, se non sbaglio nel leggerti, tu vi anteponi un altro sacro, quello della vita.

PS - Esattamente. Io credo non sia più produttivo parlare di “cultura occidentale”. E’ ancora necessario distinguere tra oriente e occidente? Penso che noi viviamo in una società di un mondo globale a cui partecipano tutti i continenti e tutte le persone. Come Homi Bhabha ha dimostrato, la cultura contemporanea è segnata da un ibridismo inestricabile. Tutte le culture contemporanee, inclusa la cosiddetta cultura occidentale, hanno integrato così tante influenze straniere che si dovrebbe rinunciare al concetto di “cultura occidentale”: si produce una resistenza improduttiva e non necessaria alla piena diffusione di ottime pratiche globali. Lavoriamo tutti per un’architettura mondiale, un discorso architettonico globale, dove tutto e tutti partecipano, dalla Cina all’Iran, all’India. Attraverso internet tutti i giovani architetti si collegano con il resto del mondo. Qualsiasi progetto messo da chiunque da qualche parte sul web diventa una sorgente potenziale di influenza nel network globale delle comunicazioni disciplinari che io chiamo l’autopoiesi dell’architettura e della progettazione.

MC - E’ ciò che ha detto Edgar Morin: internet può generare, a partire dal mondo globale, una specie di “consapevolezza globale”.

PS - Sì, tutto influenza tutto il resto.            

MC - Ora la seconda domanda. A pag.114 del tuo “L’autopoiesi dell’architettura”, a proposito della “struttura delle rivoluzioni scientifiche” di Kuhn, scrivi: “in architettura la successione dei paradigmi può essere identificata nella successione degli stili architettonici”. A partire da questo assunto, nel “Manifesto del Parametricismo” tu proponi, in sintesi, la sequenza "popperiana" di stili/paradigmi: Classicismo - Modernismo - Parametricismo. Ciò che tu chiami  “parametricismo” è però relativo a un’auto-creazione post-decostruttivista, una produzione auto-creativa e perpetua che non ha niente a che fare con la rappresentazione di figure pre-codificate a partire dal Partenone che è la base delle strutture trilitiche e ortogonali del Modernismo. Non pensi che tra parametricismo e modernismo ci sia una distanza maggiore che tra modernismo e classicismo?

PS - Sì, sono d’accordo, c’è una differenza molto maggiore. La differenza di stili è cominciata con il Gotico. Il Gotico rappresenta la transizione dalla costruzione legata alla tradizione
all’architettura vera e propria. La prima vera architettura è quella del Rinascimento, poi seguono gli stili del Barocco, il Rococò, il Neoclassicismo e poi lo Storicismo. Voglio dire che il Gotico è la transizione dal vernacolare all’Architettura. L’architettura romanica medievale non è un vero stile, è simile ad un vernacolare. Faccio una distinzione tra gli stili epocali e quelli sussidiari. Così, ad esempio, tra gli stili epocali del Rinascimento e il Barocco c’è stato lo stile transitorio del Manierismo, e il Barocco ha avuto uno stile sussidiario, cioè il Rococò. Lo storicismo del XIX secolo include molti stili sussidiari: il Neogotico, il Neobarocco, il Neorinascimentale ed anche le eclettiche misture degli stili storicisti, per esempio l’Eclettismo. La transizione dallo stile epocale dello Storicismo allo stile epocale del Modernismo è passata attraverso gli stili transitori dell’Art Nouveau e dell’Espressionismo. Il Modernismo ha avuto molti stili sussidiari come il white modern, il razionalismo, il brutalismo, il metabolismo, l’high-tech ecc.

MC - Sì, ma io non vedo un’evoluzione lineare, un progresso unico, ma flussi e correnti differenti di evoluzione. Una di esse porta il Barocco e l’architettura organica. Il Barocco non sta “dopo” il Rinascimento, ma sta solo in un’altra corrente evolutiva e tra di esse, le differenti correnti, c’è una specie di movimento circolare in cui una è dominante e l’altra semplicemente residua…

PS - Quest’idea si basa su un antico concetto astorico, ciclico del tempo. Idee simili venivano proposte nel XIX secolo: l’eterno gioco degli opposti, ad esempio il principio apollineo contro il principio dionisiaco. Credo che la storiografia culturale sia andata oltre queste idee.
Naturalmente si possono rintracciare influenze non-lineari. Ora, nel guardarci indietro, troviamo affiliazioni al Barocco, così possiamo dire anche che nel Modernismo c’è una specie di tendenza organica: Sharoun, Niemeyer, Wright e così via. Io mi concentrerei piuttosto su ciò che è storicamente nuovo in ciascun’epoca. Se guardo ai precursori, mi chiedo perché alcuni di essi, i più remoti (ad esempio Sharoun), siano rimasti delle eccezioni del loro tempo, e ciò che lascia rilevare questa tendenza alla somiglianza diventa ora pervasivo.

MC - Non sono sicuro riguardo ciò che dici di Niemeyer, il quale trasformava gli “objets a réacion poetique” del suo maestro Le Corbusier in architettura, e si tratta di elementi scultorei per lo più chiusi, che non vengono generati da un'interazione organica con l'esterno.

PS - Sì, nessuno di questi precursori è davvero Parametricista. Possiamo sempre enfatizzare ciò che è radicalmente nuovo nel nostro approccio. Tuttavia si possono identificare delle somiglianze. Ho identificato Niemeyer perché lui ha influenzato moltissimo alcuni dei nostri lavori, perché a volte ha messo in piedi una topografia del terreno artificiale. Ha usato curve e “forme libere”. Ma le sue curve sono sempre archi e le sue “forme libere” sono sempre costruite a partire dagli archi e dalle rette. Anche nel lavoro di Le Corbousier ci sono forti anticipazioni, per esempio nel progetto per Algeri. Non è un progetto del genere tabula rasa modernista, ma anticipa la nostra idea di integrare edificio e paesaggio, come se questo fosse concepito attraverso una logica associativa.

MC - Infatti Le Corbousier è senz'altro un genio capace di saltare da un paradigma all’altro…

PS - Ad Algeri si addentra nella topografia con i suoi lastroni e le sue strade sopraelevate, seguendo le curve di livello della topografia. Comunque, questi slanci puntano oltre il Modernismo. Devi fare una distinzione tra due discorsi: uno è sui riferimenti e le influenze trasversali, ma non è questo il punto primario. La mia prima domanda è: quali sono i tratti e i principi dominanti che realmente definiscono uno stile epocale? Quale è stata, ad esempio, la logica essenziale del modernismo, quella che ha affermato la sua razionalità e il suo potere nel XX secolo? Anche se ci sono delle sottocorrenti, come indicano Frank Lloyd Wright e Sharoun, dobbiamo afferrare il nocciolo essenziale di uno stile. Ci sono sempre tendenze multiple. Anche all’interno del paradigma della meccanica newtoniana c’è l’alchimia, e lo stesso Newton era religioso. Tuttavia descriviamo l’essenza di questa éra come razionalità illuminata. Lo scopo della mia analisi è quello di capire e mostrare come, in ogni epoca storica, l’ambiente costruito si adatti alle modalità particolari, prevalenti del processo di vita socio-economico. Ad esempio, i principi del Modernismo – separazione, specializzazione e ripetizione – sono congeniali alle modalità dell’organizzazione societaria della società Fordista della produzione meccanica di massa.
Se guardi le mie  lezioni on line puoi vedere come io stia cercando di descrivere perché il Barocco prese il posto del Rinascimento, analizzando quali erano i vantaggi del Barocco, perché il Barocco fosse meglio attrezzato per articolare i bisogni grandiosi dei vasti stati-nazione, mentre il Rinascimento era sufficiente per le più piccole città-stato. Il repertorio compositivo del Barocco è capace di organizzare e articolare unità molto più grandi, con le sue curve e i suoi profondi rilievi  per vedute distanti. La simmetria dinamica delle sue parti era in grado di sostenere simmetrie globali molto più potenti in confronto alle composizioni aggiuntive del Rinascimento, dove ogni parte ricade su se stessa, con la sua simmetria.
Ciò che dico non contraddice quello che dici tu a proposito dei progressi multipli. Ciò che descrivi può coesistere con la mia descrizione, io sto solo parlando di quali sono i paradigmi principali che diventano dominanti perché si adattano bene all’epoca particolare, come il Modernismo che era adatto all’era industriale della riproduzione di massa, con una classe operaia uniforme, che partecipava ai risultati della produzione industriale di massa. Ciò crea una società della ripetizione di massa, l’idea della riproduzione seriale. I principi del Modernismo, ad esempio la separazione delle funzioni urbane, l’ottimizzazione dello standard per un tipo universale per ogni funzione, e la ripetizione di questo singolo tipo non sono più adeguate ad una società dinamica e molto più diversificata. Ecco perché il modernismo ha sperimentato una crisi severa e non può essere risuscitato.

MC - Questo è quanto si può riconoscere nel modo cartesiano di pensare la separazione tra soggetto e oggetto. Deleuze, Morin e altri pensatori della contemporaneità lavorano affinché si possa riconnettere questi elementi, e di qui veniamo alla terza domanda.
Dietro il concetto della "piega", c’è proprio il tentativo di riconnettere la spaccatura cartesiana tra soggetto e oggetto, che fu indicata da Husserl per la prima volta nel 1936 ne “La crisi delle Scienze europee”. Deleuze si sposta verso una concezione circolare, dinamica e complessa del soggetto-oggetto, che sarà ripresa, ampliata e articolata da Edgar Morin nella sua teoria della complessità ("com-plexus" come "intessuto insieme"). A me sembra che il nostro tempo sia caratterizzato proprio da questo sforzo del ricomporre gli individui frammentati, gli Edipi "post-umani" di Deleuze e Guattari, gli individui atomizzati di Bauman.
In architettura può darsi che sia la fondazione di un nuovo paradigma culturale o semplicemente che stia diventando dominante un paradigma già esistente, infatti Deleuze, nel suo libro "La piega", fa riferimento a Leibnitz  e al Barocco, così come Carlo Giulio Argan fa riferimento a Wright in quanto precursore di un cambiamento di paradigma culturale. Nel secondo caso, la mia tesi è che potremmo mettere nello stesso paradigma culturale, come successivi programmi di ricerca di progetto (i Design Research Programs di cui parli), il classicismo, il Neoclassicismo, il Modernismo e il Minimalismo, e in un altro paradigma culturale il Romanico, il Barocco, l’architettura organica e il linguaggio contemporaneo che chiami Parametricismo. Questo sembra aver assunto il concetto di “continuità” nel suo DNA, mentre invece può sembrare che il termine "Parametricismo" riguardi solo gli strumenti che usiamo, non il significato reale e profondo di questo stile. E, paradossalmente, le caratteristiche di questa architettura sono esattamente le stesse che Michelangelo Buonarroti usò per il suo progetto di fortificazione fiorentina del 1500, dagli esiti totalmente organici e biomorfi.
Se non definisci parametrica la maggior parte del lavoro di Foster o semplicemente tutta l’architettura progettata via software parametrici (ormai la stragrande maggioranza), perché preferisci ancora l’etichetta di architettura “parametrica” invece che “organica” o semplicemente morinianamente “complessa”?

PS - Bene, perché se la chiamassi organica accetterei l'esistenza di una sorta di corrente pressoché eterna, il che è una modalità superata di vedere la storia. Ciò che dici ricalca l’idea di un’oscillazione permanente tra l’ apollineo e il dionisiaco. Allora puoi dire che c’è stato un rinascimento apollineo, seguito dalla controtendenza dionisiaca del Barocco, assumendo che c’è sempre un’oscillazione che va avanti e indietro. Come abbiamo detto prima, questa è una nozione ciclica della storia, astorica, poiché essa si muove in cerchi, tra due poli, avanti e indietro. C’è anche nella cultura greca questo dualismo tra il primo periodo classico e quello ellenistico. O abbiamo la distinzione tripartita tra Arcaico, classico ed Ellenistico. Si discute a volte in termini di inizio arcaico, maturità classica e poi degenerazione/esagerazione decadente. Ad alcuni sembra plausibile, ma io non sopporto questa specie di “teoria”, perché non contempla l’idea di un’evoluzione storica che produca qualcosa senza precedenti, qualcosa di nuovo in ogni età.

MC - Sto dicendo che c'è un progresso generale, ma non solo all'interno di in un singolo corso. Ci sono sviluppi progressivi differenti e simultanei in paradigmi culturali differenti.

PS - Se dici questo, allora direi anche che c’è un progresso dal classicismo al Modernismo, al Minimalismo e che questo potrebbe essere in parallelo alla nostra ricerca…

MC - Ed è esattamente ciò che sta accadendo: ci sono moltissime persone - forse ancora la maggioranza - che lavorano all’interno del paradigma che va dal classicismo al minimalismo…

PS - Non credo che ci sarà un ritorno al semplice  nelle prossime iterazioni. Non la vedo così, penso nei termini di un’ evoluzione reale, nel senso di livelli nuovi, negli stadi evolutivi, che non hanno precedenti, nonostante sia possibile rintracciare, nelle idee nuove, influenze e precursori. In retrospettiva si possono identificare le influenze e le anticipazioni più remote che nessuno avrebbe potuto predire, ad esempio non si potevano prevedere i fenomeni radicalmente nuovi che sono emersi. Non si dovrebbero enfatizzare le somiglianze tra il Barocco e ciò che si sta facendo adesso, perché ci sono differenze radicali.

MC - Ma io penso al progetto delle fortificazioni di Michelangelo, che prende forma proprio dalla traiettoria delle armi, o a ciò che ha fatto Wright: moltissimi suoi progetti appartengono esattamente alla euristica della tua architettura. Per questo non credo che il punto siano gli strumenti parametrici ma il concetto di fondo, il cuore culturale che vi sottende.

PS - Ti inviterei a sforzarti di vedere ciò che è radicalmente nuovo. Naturalmente potrai sempre trovare precursori che hanno anticipato certi aspetti di un fenomeno, ma penso che  dovresti anche accorgerti del fatto che i precursori lasciano intravedere di sfuggita cose che puoi riconoscere solo in retrospettiva.

MC - Chiarisco una cosa: io non sto affatto negando un progresso generale, di sicuro ora ci sono cose che non hanno precedenti. Sto solo dicendo che non c’è un solo progresso lineare nella cultura umana, e in architettura, che va dritto dall'antica Grecia al parametricismo, ma che invece ci sono traiettorie di sviluppo progressive differenti in correnti evolutive differenti… Penso che ciò che tu chiami Parametricismo, per il suo significato interno, non appartiene o non dovrebbe appartenere alla stessa "linea evolutiva" del modernismo perché non ne condivide le fondazioni genetiche, lo spirito cioè. E se ci interroghiamo sulle origini, se non cerchiamo  radici e significati profondi, penso che corriamo il rischio di perdere di vista l’aspetto essenziale della discussione e proporre qualcosa che, come in passato, non ha alcun senso e potrebbe essere addirittura pericoloso.

PS - Sono d’accordo sul fatto che ci sono spesso traiettorie competitive multiple, e che ciascuna potrebbe avere una certa affiliazione storica. Ammetto anche che ci sono sempre continuità e influenze da rintracciare, ma voglio evidenziare il fatto che c’è sempre qualcosa di nuovo, emergente, che non ha precedenti, ecco perché ho bisogno di trovare un termine nuovo, che non è mai stato usato prima e coniare un’espressione che indica anche qualcosa di specifico come il nostro termine  “parametricismo”. Dunque è questa la mia intenzione nell’uso del termine parametricismo. E’ la mia enfasi. Non volevo negare il fatto che ci sono delle somiglianze, influenze, simpatie, ispirazioni che vengono da traiettorie precedenti, non lo nego, ma non vorrei enfatizzarle, perché c’è anche quest’aspetto, cioè che ogni epoca storica ha necessità nuove e, se c’erano correnti precedenti, correnti marginali, esse non avevano la possibilità di fiorire a quel tempo, per qualche motivo. A me sembra che la tua descrizione abbia troppi elementi immutabili. Piuttosto che assumere che ci sono diverse derive di sviluppo coesistenti in un lungo antagonismo che attraversa i secoli – classico versus organico – credo che ciascuna nuova epoca ponga nuovi quesiti e inizialmente generi tentativi diversi per affrontare le nuove sfide. Questi tentativi iniziali sono gli stili transitori che hanno vita breve.  Per esempio la transizione dal Modernismo al Parametricismo ha prodotto due stili transitori competitivi: il Postmodernismo e il Decostruttivismo. Ciascuno può essere ricollegato ad un corso precedente: il Postmodernismo si può ricollegare allo Storicismo/Eclettismo e il Decostruttivismo si può ricollegare al Costruttivismo russo. Comunque penso che queste identificazioni non colgano le novità radicali sia del Postmodernismo che del Decostruttivismo. Infatti, filosoficamente, il Postmodernismo e il Decostruttivismo condividono tra loro molte più cose che non, ciascuno, con i propri presunti precorsi: entrambi pongono le basi del Post-strutturalismo, e condividono un relativismo e un nichilismo ideologico, un’ironia, che è assolutamente estranea allo Storicismo/Eclettismo o al Costruttivismo.

MC - Infatti la mia tesi è che Michelangelo e Wright anticipino proprio quelle teorie post-strutturaliste, post-decostruttiviste. Ritornando al “parametricismo” come termine, penso che, volendo fare un'enfasi come dici tu, “network” o “complessità” siano definizioni più profonde per la tua architettura. Enfatizzare il parametricismo equivale a puntare il dito sugli strumenti, e quando abbiamo inventato la matita non abbiamo certo chiamato l’architettura “matitismo”…

PS - E’ un punto di vista. Tu che nome proporresti?

MC - Be’, appunto,  penso a “architettura del network” o “architettura della complessità”.

PS - Potrei anche essere d’accordo, ma ci potrebbe essere un problema: forse, molti architetti più anziani potrebbero sostenere di farne parte. Sono definizioni troppo generiche… Comunque credo sia meglio accettare che un nome è solo un nome. Ci potrebbe essere un dibattito sulla terminologia, ma non è molto importante per la nostra discussione, e forse è già troppo tardi per farlo. Il termine “parametricismo” è già in circolazione. C’è già una pagina dedicata in Wikipedia.

MC - Veniamo alla prossima domanda allora. Tornando al pensiero contemporaneo, se vediamo nella ri-composizione dei frammenti della società edipica il fulcro principale del paradigma culturale corrente, naturalmente dovremo considerare le interrelazioni come tratto principale dello spirito della società del network post-fordista. C’è un’etica nuova e forte in questa concezione, dal momento che la prima separazione da ricomporre è quella tra l’umanità e il resto dell’ecosistema terrestre. Procedere in questo modo implica che i temi da sviluppare all’interno della ricerca sull’architettura d’avanguardia sono, in primo luogo, l’apertura degli spazi, il radicamento e l'attaccamento alla terra dell'edificio, l’interdipendenza e l’interconnessione degli spazi tra loro e tra essi e il sito. Il MAXXI, il Landscape Formation One, il Museo Nuragico di Cagliari e molti altri progetti meravigliosi del tuo studio parlano di questo nodo cruciale e di questi temi: secondo me, sono la miglior espressione recente del paradigma post-decostruttivista. Al contrario, il Phaeno Museum, che si stacca sinistramente dal suolo, il Rabat grand theatre con la sua chiusura a cappio, il Vilnius Guggenheim ed altri, sembrano essere mega-oggetti chiusi, non relazionati al contesto e non connessi al suolo. Essi non raccontano la stessa storia post-decostruttivista. Sembrano appartenere al paradigma pre-decostruttivista, poiché, oltre la complessità della grammatica e della sintassi, mostrano distacco, separazione, isolamento, chiusura e alienazione in generale. Come rispondi a queste critiche?

PS - Capisco il contrasto tra i progetti di campo come il MAXXI che sono racchiusi in un luogo, e i progetti-oggetto. Ma, se si leggiamo più da vicino, in questi oggetti si può comunque vedere l’ambizione ad adattarsi, ad affiliarsi e correlarsi con il contesto circostante, non attraverso una connessione diretta, ma attraverso una connessione a distanza (come agisce la gravità nell’influenza a lungo raggio). Guarda, ad esempio, la forma del progetto Wolfsburg, il modo in cui la sua linea si staglia nell’ambiente e il modo in cui crea un tipo di topografia al di sotto che risponde (che è sensibile) ai flussi urbani. Chiaramente nessuno di questi progetti richiama l’atterraggio di una navicella spaziale modernista. I dogmi e i tabù del parametricismo sono stati seguiti anche qui.

MC - Intendi dire che ci sono elementi di connessione che cercano comunque di trovare affiliazioni con il contesto...

PS - Sì, qui puoi vedere la metodologia della ricerca delle affiliazioni, degli  incastonamenti. C’è anche un ponte di connessione che taglia e attraversa l'edificio. Si può dire che i progetti di campo sono più paradigmatici, ma si possono certamente trovare altri generi di correlazioni e connessioni. Potresti studiare la nostra Opera House di Guang Zhou, il modo in cui i due oggetti  si congiungono senza sfiorarsi l’uno con l’altro, il modo in cui entrano in risonanza con i plinti simili ad un paesaggio entro cui sono incastonati ecc. Dovunque trovi il tentativo di stabilire rapporti formali che provano a superare ciò che è probabilmente un’impressione iniziale di “oggettualità”. Se metti questi progetti accanto ad uno di quei mostri metabolisti o megastrutture degli anni sessanta e settanta, puoi vederne la differenza: la differenza sta nel tentativo di intensificare i rapporti con il complesso e tra il complesso e il suo intorno. Con una descrizione dettagliata posso dimostrare che questi progetti più simili ad oggetti operano ancora all’interno del paradigma parametricista.

MC - Ultima domanda. La forza del Guggenheim di Wright è che, al suo interno, ti senti parte di un tutto, insieme parte dell’umanità e parte dell’ecosistema, tutti insieme interagiamo tra noi e con l'arte all'interno di una conchiglia. C’è una comunicazione potentissima: si può fluire in questo spazio senza barriere, vedere l’arte e vedere gli altri sempre. Tutto è parte dell’esperienza, della comunicazione. Il senso è profondamente etico: ti induce a sentirti parte organica della Terra, a sperimentare un sentimento di concatenazione, continuità tra gli esseri umani, e tra essi, la natura e l’arte. Anche nel Maxxi ho percepito lo stesso sentimento di unione, di continuità, e in più la struttura esprime forse ancor meglio la complessità della vita, il suo essere intrecciata e colma di differenti direzioni, versi, correlazioni inaspettate. Sia il MAXXI che il Guggenheim, come il Saarinen terminal all'aeroporto JFK, sono semplicemente di cemento. Mi sembra estremamente etico, perché la loro bellezza non ha niente a che vedere con il costo di un lussuoso materiale, ma solo con la forma dello spazio conformato da una struttura insieme guscio spaziale e strutturale. Invece, molte delle tue costruzioni recenti sono ricoperte da pannelli a doppia curvatura o mostrano, dietro il processo di costruzione, altre caratteristiche molto costose in termini economici ed energetici per inseguire un effetto attraente e alla moda. Può sembrare un vezzo, un capriccio derivante da motivazioni commerciali più che da una necessità poetica reale.
Non pensi che la declinazione "spigolosa" e poligonale del tuo stile sarebbe più etica in un tempo frugale di crisi economica e ambientale come il nostro?

PS - Dunque, prima di tutto accetto il fatto che occorra affrontare la sfida ecologica. Sull’architettura c’è una pressione esterna e sono contento di ritrovarmi in questa sfida. Penso che il nostro paradigma parametricista sia lo stile meglio attrezzato per fronteggiarla, per la sua capacità intrinseca di adattarsi, attraverso la transcodificazione dei dati ambientali (come le mappe dell’esposizione ai raggi solari) agli adattamenti morfologici. Quando si pone il problema dell’energia incorporata (energia grigia, ndr) e dei costi, la mia posizione è che questi sono problemi dell’ingegneria. E’ responsabilità degli ingeneri rendere le macchine efficienti e  informare gli architetti dell’efficienza energetica di vari sistemi passivi dipendenti dalla morfologia. Gli ingegneri sono responsabili del benessere fisico e dei nostri corpi fisici per quanto riguarda la temperatura, l’umidità, l’aria, ecc. Responsabilità e competenza specifica degli architetti è creare ambienti gradevoli e socialmente produttivi, compatibilmente a quanto ci è richiesto in qualità di attori sociali. Gli architetti progettano un sistema leggibile e ordinato di spazi che ordina i processi sociali, permettendo agli utenti di trovarsi l’un l’altro e riunirsi in costellazioni specifiche per specifici eventi ed interazioni comunicative. Le morfologie spaziali inizialmente motivate dal punto di vista ambientale devono essere alla fine strumentalizzate per articolare e caratterizzare i differenti spazi e le loro relazioni. La disposizione e il dimensionamento delle finestre e delle porte, gli elementi di protezione dalla luce e dal calore, le sporgenze dei tetti e simili – inizialmente motivati dall’ambiente – diventano mezzi dell’ articolazione architettonica. Il loro funzionamento fisico è in definitiva una responsabilità ingegneristica. Il loro funzionamento sociale (comunicativo) è una responsabilità degli architetti. Ciò implica che l’architetto deve lavorare in stretto contatto con gli ingegneri per trovare queste sinergie fortunatissime che trasformano la logica ingegneristica in una grammatica dell’articolazione. Nello stile parametrico ci sono una congenialità ed una sinergia potenti tra l’interesse per le continue differenziazioni morfologiche (per ordinare un processo di vita sociale) da una parte e la richiesta e l’opportunità, dall’altra, di differenziazioni morfologiche continue dovute ad un adattamento ambientale pieno di sfumature, reso possibile dall’ingegneria contemporanea, supportata attraverso strumenti computazionali.

MC - Sì, ma sappiamo che, se facciamo forme del tutto libere come i “blob”, i processi di realizzazione e costruzione sono sempre più costosi in termini di energia incorporata oltre che di denaro.

PS - No, penso che occorra distinguere tra avanguardia e semplice pratica professionale. Penso che, nell’avanguardia, abbiamo bisogno di spingere per ottenere nuove risorse, e qualcuno deve investire in questi progetti-manifesto. Comunque, più i contraenti investiranno in nuove tecnologie di fabbricazione supportate dagli strumenti computazionali, più i costi differenziali dovuti alla complessità si abbatteranno. Mi piace il cemento faccia-vista e una struttura a nudo, capisco il suo fascino estetico, il suo senso di purezza. Ma non mi tiro indietro davanti a una curvatura più complessa, a transizioni intricate, lisce ed omogenee, a dettagli superorganici, perché essi chiarificano la nostra percezione degli spazi. Se costruisci la complessità e metti solo cose insieme senza transizioni, senza una continuità che le articoli, il campo visivo diventa rapidamente caos visivo. Per costruire scene più complesse, ricche di informazione, che offrano più eventi senza perdere la loro leggibilità, è necessario incrementare il gioco complesso di curvatura della superficie. Una superficie più complessa può raccontare una storia più complessa.

MC - E’ meglio in termini di comunicazione, certo.

PS - Dunque non si tratta semplicemente di essere alla moda, si tratta di leggibilità di scenari sociali complessi. Questa è la differenza tra l’ingegneria e l’architettura. Loro curano l’esecuzione e la performance fisica, noi  l’esecuzione visiva come sistema di orientamento, aspetto cruciale della performance sociale.

MC - Dunque dici che questo è semplicemente più importante dell’energia…

PS - Per noi architetti è sicuramente più importante. E’ il nostro compito. Occorre un ambiente ordinato, complesso, leggibile per sostenere un processo di comunicazione sociale sempre più ricco e denso. Il progresso della società dipende da questo avanzamento dell’architettura quanto dipende da una scienza che fa passi avanti, da un sistema politico progressista, ecc. Il bisogno di salvare l’energia è un impedimento importante, ma non l’obiettivo finale. In quanto architetti cerchiamo di trasformare questo impedimento in opportunità di articolazione. Dunque qualcuno deve lavorare su come progettare spazi più comunicativi e quindi più produttivi. Si tratta di ordinare e ridurre la complessità visiva di un sistema complesso, altrimenti si aggiungerebbero parti e soluzioni disparate tra loro come farebbe un ingegnere, producendo un brutto disordine o, per essere più educati, un semplice disorientamento.

MC - Ma il linguaggio spigoloso e poligonale di cui parlavo non è solo assembramento di elementi post-moderni, è ricerca di un nuovo linguaggio continuo per la complessità, come mostrano Plasma Studio o Tom Wiscombe, o Delugan con il suo museo ad Amsterdam.

PS - Conosco il loro lavoro e abbiamo anche progettato in questo senso, ma diventa limitato se si deve aggiungere ulteriore complessità, se si devono aggiungere ulteriori dettagli e spazi che devono funzionare insieme. Qui, quando si lavora con mura diritte piuttosto che curvilinee,  per il fruitore non ha alcun senso che gli spazi siano più grandi. Non saprebbe neanche se è all’interno o all’esterno di un muro, perché è piatto. Invece il progetto curvilineo consente al fruitore di percepire la differenza tra la convessità e la concavità di un muro come indicazione di esterno vs interno. In un sistema con linee diritte, spigoli e angoli, perdi l’orientamento se lo spazio è molto complesso. Con le curve i fruitori percepiscono la differenza tra continuità e discontinuità e così possono identificare i territori o le unità funzionali rilevanti. Nello stile "poligonale", dove proliferano gli spigoli, unità e continuità si disintegrano e i rapporti e le unità funzionali complesse non possono più essere percepiti. Dunque dico che se questo stile "spigoloso" ha bisogno di diventare più complesso, allora diventa disarticolato, diventa un caos visivo disorientante dove non si possono riconoscere identità e continuità funzionali.
Prova a fare qualcosa di complesso, o più complesso, come il MAXXI o il nostro progetto BMW a Leipzig, e a portar via tutte le curve… senza curve si perderà l’orientamento.

MC - Nel progetto BMW o nel MAXXI ci sono solo superfici a curvatura singola, e comunque tutto è in cemento faccia-vista. Io pensavo alle superfici a curvatura doppia e ai materiali molto più costosi dei progetti recenti.

PS - Il MAXXI e il BMW sono stati disegnati 10 anni fa. Ora vogliamo di più. Qualche volta si può aver bisogno di interconnettere e stabilire continuità in sezione. Se provi a farlo, sia nella pianta che nella sezione allo stesso tempo, finisci con la doppia curvatura.

MC - Quindi la tua risposta è che hai il diritto di fare queste "forzature" perché stai facendo una ricerca d’avanguardia che genererà un progresso tecnico, abbattendo i costi futuri...

PS - Considera questo. Noi dobbiamo investire nel nostro futuro collettivo, e questo è un piccolo investimento nella spesa globale del mondo. Questi investimenti sperimentali non sono grandi, ma hanno molto valore perché sviluppi capacità, risorse, tecnologia. E’ dopo dieci anni che l’efficienza arriva pienamente. Ora comincia già a succedere. Nei progetti commerciali e più grandi puoi davvero essere più efficace dal punto di vista dei costi perché usi i modelli parametrici BIM. Quando hai un modello parametrico puoi ottenere la distinta di tutti i pannelli "srotolati" con un solo clic. Così la differenza di costi di cui parlavi si riduce fino al punto in cui è del cinque o dieci per cento. Forse è ancora del quindici per cento, ma si sta riducendo ad ogni nuovo investimento. Penso che tu abbia bisogno di capire la nostra competenza essenziale in quanto architetti. Come architetti d’avanguardia dobbiamo innovare e far avanzare la disciplina in linea con il progresso generale della nostra civiltà. Leggi il mio articolo “Parametric City”, in cui focalizzo la discussione sull’argomento più importante, cioè la qualità e la produttività sociale del nostro ambiente. Se tu dici solo che il problema è salvare l’energia, perdi di vista il significato delle cose. Devi innanzitutto aspirare a far progredire la qualità e la produttività del processo della nostra vita societaria. Poi puoi chiederti come si può raggiungere questa qualità con la minima traccia di carbonio, senza sacrificare le qualità essenziali di cui abbiamo bisogno per fare il prossimo passo avanti nella nostra civiltà. Possiamo risolvere la sostenibilità ambientale globale solo se siamo capaci di incrementare e intensificare la comunicazione societaria, perché, per salvarci, devono progredire la scienza, la politica, ecc. Queste possono progredire solo in un ambiente progressista.

MC - Ti ringrazio molto Patrik.



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